2 ago ’14, Nukus – Mongol Rally 2014

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Siamo a Nukus, prima grande città dell’Uzbekistan arrivando dal confine kazako. Qualificarla come prima è un po’ fuorviante in quanto dista più di 400 chilometri dalla frontiera con una strada tutt’altro che facile. Per farvi un’idea delle condizioni del manto che abbiamo incontrato, vi basti sapere che nei primi 5 chilometri abbiamo squarciato due gomme e distrutto un cerchione. A causa di questi inconvenienti abbiamo quindi montato la gomma che avevamo precedentemente tolto in Russia prima del confine kazako (e che ha una vita conficcata nel battistrada), ho alzato il piede dall’acceleratore, ci siamo rassegnati a guidare per molte ore al buio e abbiamo proseguito verso est alla volta della nostra destinazione prevista per la notte del 1° agosto. Siamo arrivati all’albergo verso le due di notte, col serbatoio completamente vuoto (in Uzbekistan ci sono solo macchine a gas, quindi non esistono distributori di benzina e bisogna fare affidamento esclusivamente al mercato nero) e distrutti dal viaggio e dalle 5 ore in frontiera.

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Ad ogni modo, è sabato 2 agosto, siamo a Nukus, c’è l’aria condizionata e possiamo dormire fino a tardi. Alle 08:30 suona il telefono della camera. Rispondo. È la reception che mi avvisa che stanno per terminare la colazione. Siccome appena sveglio non ho la capacita di prendere decisioni, ancora al buio, seguendo il mio olfatto, trovo i vestiti, mi vesto e scendo per fare colazione. Mi viene servita ogni sorta di prelibatezza del luogo: da bere tè, caffè e una specie di acqua di rose, poi un’omelette, degli affettati e del formaggio, un saccottino salato con carne di montone e cipolle, delle frittelle dolci, dei muffin, della giardiniera di verdure, dello yogurt, della frutta e delle barrette al cioccolato. Sorprendentemente riesco a finire tutto e verso le 09:30 esco davanti all’albergo per chiacchierare con il ragazzo della reception. Dal nulla vedo spuntare in strada la macchina del team “12 steppe program” di Angela, Dan e Alec, tre americani di Seattle incontrati la prima volta poco fuori Atyrau mentre venivano perquisiti dalla polizia e poi di nuovo alla frontiera tra Kazakistan e Uzbekistan. Riesco a fermarli e decidono di restare all’albergo per la notte in quanto anche loro sono a secco e devono riparare un problema al cambio.

La giornata viene programmata in base alle cose più urgenti da fare:

  1. fare benzina;
  2. riparare le gomme e i cerchioni e cercare un’altra ruota di scorta;
  3. controllo generale dell’automobile;
  4. varie ed eventuali.

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Chiediamo quindi aiuto al receptionist per recuperare della benzina, lui fa un paio di telefonate e poi ci dice che è tutto sistemato. Una mezz’oretta dopo ecco che arriva davanti all’albergo una vecchia Lada dorata con a bordo due persone che iniziano subito a scaricare bottiglie da 5 litri piene di benzina. Versiamo nel serbatoio i 25 litri che avevo prenotato ma mi rendo conto che avrei dovuto comprarne di più, in quanto fino a Samarcanda difficilmente riusciremo a trovare un distributore e mancano più di 800 chilometri. Dovrò fare tornare queste persone nei prossimi giorni. Il problema ora è che dobbiamo pagare la benzina in valuta locale. Bisogna sapere che è praticamente impossibile, per uno straniero, comprare i Cym nel mercato ufficiale; le banche, oltre a essere quasi sempre chiuse e a non avere disponibilità, applicano dei tassi di cambio molto svantaggiosi. Ovviamente il receptionist accorre in nostro aiuto e ci propone di cambiare i nostri dollari con il suo stipendio: scompare nel retro e torna con circa un metro di soldi. Con queste banconote possiamo pagare la benzina.

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A questo punto, dalla scalinata dell’albergo, come una principessa al suo esordio in società, scende Alberto, rinfrancato da una lunga dormita e propone di andare a pranzo. Chiediamo le indicazioni per un posto dove mangiare, ci incamminiamo nel sole cocente dell’una, ovviamente ci perdiamo e quindi entriamo nel primo (e unico) ristorante che troviamo.

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Proviamo a ordinare un misto con le specialità della casa ma dopo interminabili tentativi e incomprensioni, mi faccio dare il taccuino del cameriere e disegno una mucca. Lui annuisce e ammicca in segno di intesa e scompare. Ci vengono quindi servito il pane tradizionale e del tè. Dopo un po’ arrivano i nostri piatti: due polpette di carne alle spezie con riso e (penso) farro.

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Poi ordiniamo il dessert, scegliendo rigorosamente a caso quello col nome più lungo e due caffè. Finiamo quindi il pasto mangiando un piatto di girelle e bevendo due caffelatte di orzo.

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Il punto successivo della lista delle cose da fare è riparare le gomme. Seguendo le indicazioni del receptionist ci rechiamo al bazar dei meccanici, nel distretto dei meccanici. Appena scesi dall’auto veniamo circondati da bambine che ci chiedono dei soldi. Proviamo a spiegare che prima dobbiamo sbrigare delle commissioni e che poi avremmo potuto dare loro quello che ci sarebbe avanzato ma è tutto inutile fino a quando una di loro, tirando la manica ad Alberto, scopre il suo tatuaggio marinaresco, grida qualcosa terrorizzata e, con tutte le altre, si dilegua. Nel frattempo si era radunata una discreta folla di curiosi a cui chiediamo informazioni per le gomme. Cerchiamo di spiegare che dobbiamo cambiare tre gomme (balùn), raddrizzare due cerchi (cerk) e comprare una gomma e un cerchio in più. Qualcuno ci fa segno di salire in macchina e di seguirlo e ci porta da un gommista lì vicino. Il padrone dell’officina prontamente capisce quello di cui abbiamo bisogno e mette al lavoro il giovane.

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In circa un’oretta i cerchioni sono stati riparati a martellate, una gomma sostituita e quella con la vite riparata. Durante tutto il tempo, a fronte di una quindicina di persone asserragliate intorno alla macchina a fumare e a farci domande, solo il ragazzo di bottega era indaffarato a lavorare. Dopo aver pagato un conto corrispondete a una decina di dollari, guido la macchina attraverso la strada e dentro l’officina del cambiatore di olio che provvede alla sostituzione dello stesso e alla pulitura del filtro. Finiti queste operazioni sono circa le sei di sera e ci dirigiamo verso il meccanico che dovrebbe dare una controllata generale alla macchina. Superiamo, come da indicazioni, il cavalcavia, al rondò giriamo a destra e dopo la ferrovia ci immettiamo in una stradina a sinistra. Troviamo, con nostro stupore, il posto ma ci dicono che il meccanico è già andato via e di ritornare l’indomani mattina alle nove, no, anzi, alle dieci, facendoci capire a gesti la sete che contraddistingue il suddetto meccanico. Torniamo quindi in albergo e ci prepariamo per andare a cena decidendo di rimandare all’indomani il controllo generale dell’automobile.

Riusciamo a localizzare il ristorante segnalatoci in albergo prima di pranzo e ci troviamo i tre americani del team “12 steppe program” che erano tornati dalla loro gita al Lago di Aral. Ci uniamo al loro tavolo e ceniamo gradevolmente chiacchierando del più e del meno. Dopo un paio di birre torniamo in albergo e andiamo a dormire.