Sabato 30 agosto ’14, da Barnaul a Irkutsk, giorno 2 – Mongol Rally 2014

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Non sono trascorsi nemmeno quaranta minuti da quanto ho preso sonno che la coda di macchine inizia a muoversi. Mi sveglio di soprassalto, controllo l’ora (manca qualche minuto alle cinque di mattina), butto il cuscino nel bagagliaio, mi rimetto al posto di guida e, molto lentamente, mi dirigo verso il passaggio a livello. La macchina degli americani è appena davanti a me e io faccio loro segno che li seguo e che va tutto bene. Appena prima di girare a sinistra, verso nord, per attraversare i binari che corrono da est a ovest, scorgo le prime luci dell’alba sopra agli alberi di fronte a me. Non sembra che manchi ancora molto all’alba ma la strada è ancora buia e si fa fatica a riconoscere dove finisce la strada e dove iniziano i campi.

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Dopo un paio di ore di guida ci fermiamo a fare benzina in un vecchio distributore con delle pompe analogiche che hanno ancora, al posto degli schermi digitali, i numeri che girano tipo alla Stazione Centrale. Io faccio il pieno e poi mangio qualche biscotto seduto sul cofano della macchina mentre guardo i due americani che cercano di fare rifornimento. Continuano ad andare dallo sportello dietro cui si protegge dal freddo l’anziana signora che gestisce la stazione di servizio alle pompe di benzina. Provo a capire rimanendo a distanza quale sia il problema quando mi viene fatto segno di avvicinarmi. I miei compagni di carovana mi spiegano che la signora continua a ripetere loro che la carta di pagamento non funziona perché hanno finito i soldi e che sono tuttavia sicuri di avere ancora credito e che quindi credono che sia una specie di truffa. A dimostrazione di questo, porgono per l’ennesima volta la carta alla signora, che digitato il prezzo per il carburante, offre loro il pos per digitare il pin. La transazione viene rifiutata, la benzinaia mi guarda sconsolata e mi chiede se gentilmente posso chiedere agli americani se sono sicuri che il pin inserito sia quello giusto perché è da un quarto d’ora che ripete loro che la transazione viene rifiutata in quanto il codice inserito risulta sbagliato. Io glielo traduco e loro scoppiano a ridere accorgendosi che hanno interpretato erroneamente le urla e i gesti della signora (bisogna ricordare che i russi quando incontrano qualcuno che non parla la loro lingua e che pertanto non capisce quello che gli viene detto non hanno problemi a ripetere la frase di cui non si è colto il significato; solamente che ripetono in russo e ogni volta ad un livello di voce sempre più alto. Così che, come in questo caso, dalla quinta ripetizione in poi uno si ritrova a subire passivamente una conversazione con un russo esasperato che ti urla contro sempre la stessa frase). Digitano quindi il codice giusto, la benzinaia dice loro qualcosa che io non traduco, fanno il pieno e ci rimettiamo in marcia.

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Guidiamo verso est sulla P-255 per un paio di ore dopo il sorgere del sole e il pandino continua a sbandare da una parte e devo compensare sforzando lo sterzo dall’altra parte. Verso le nove di mattina ci fermiamo in un bar per camionisti lungo la strada. È un edificio a un piano di mattoni a vista, ha delle pareti spesse parecchie decine di centimetri con doppie porte e doppie finestre per proteggersi dal freddo, il bagno è esterno e appena entriamo veniamo accolti da un umido odore di stufato e da un paio di carine cameriere intente a svegliare un camionista che ha fatto colazione a base di vodka e ravioli (credo fossero Pelmeni – Пельмени) per cercare di rimetterlo sulla strada. Ci accomodiamo a un tavolo ricoperto da una tovaglia cerata con una fantasia floreale e ordiniamo immediatamente tre caffè neri. Sorseggiano il caldo nettare guardiamo la cartina per vedere cosa ci riserva la giornata di guida. Fermiamo una cameriera per chiederle dove ci troviamo esattamente (non abbiamo idea di quanto strada abbiamo fatto dalla sera prima) e ordiniamo dei bliny con panna acida e marmellata (credo di mirtilli). Dalle informazioni che riceviamo vediamo che Irkutsk è raggiungibile prima del calare del sole, non distando più di un 500 chilometri, e decidiamo di provare ad arrivarci senza fare tappe intermedie, quindi, avendo programmato la giornata, ci gustiamo la colazione chiacchierando del più e del meno.

Per evitare di addormentarci nell’accogliente caldo del bar usciamo per rimetterci in marcia. Facendo il solito controllo di routine al mezzo mi accorgo che la ruota anteriore sinistra non era stata montata correttamente compromettendone il corretto rotolamento e pertanto il battistrada, dal centro fino alla spalla, ha subito un’usura anormale consumando quasi completamente il rivestimento e lasciando scoperta la tela della carcassa. Sono obbligato a cambiare la gomma e il, seppur minimo, sforzo fisico unito al freddo pungente della mattina siberiana mi danno la sveglia per rimettermi dietro al volante. La macchina funziona di nuovo egregiamente e il problema allo sterzo è scomparso. Le distese infinite della Russia centrale scorrono pigramente intorno a noi mentre superiamo pochi paesini costituiti perlopiù da isbe, le caratteristiche casette rurali russe in legno, e gli inevitabili incidenti stradali delle statali russe.

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Fonte della foto: google
Luogo: Telma, Siberia

Telefono ad Alberto e gli domando come va lì ad Ulan Baatar; “bene”, mi risponde e mi manda anche una foto del servizio in camera. Gli chiedo poi se può prenotare una stanza a nome mio in un albergo ad Irkutsk in quanto inizio a sentire il bisogno di dormire. Poco dopo aver riagganciato mi arriva un messaggio con le indicazioni per arrivare in albergo. Continuo a guidare per buona parte del pomeriggio e vicino alla città di Telma (di cui ho fotografato la chiesa che qui allego) scorgo per la prima volta il fiume Angara, l’emissario del Lago Bajkal su cui si affaccia Irkutsk, la mia destinazione della giornata. Questo significa che sono quasi arrivato. Guido ancora per un’oretta e, poco prima di entrare in città, attraverso un ponte e quindi costeggio il fiume fino al centro storico di Irkutsk. Parcheggio insieme agli americani con cui ho viaggiato nella piazza del palazzo dell’amministrazione del distretto di Irkutsk e saluto per l’ultima volta i miei compagni di carovana; hanno prenotato un albergo appena fuori città quindi ci dividiamo dopo quasi 24 ore di guida ininterrotta insieme.

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Il servizio in camera di Alberto a Ulan Baatar: pizza, gelato, birra
e altre cose che non so.

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La chiesa di Telma.

Con solo l’indirizzo tradotto foneticamente dal cirillico all’alfabeto latino mi metto alla ricerca del Delta Business Hotel. Mi inoltro nelle intricatissime strade a senso unico del quartiere antico della città armato solo della cartina della guida del Routard e della mia mezz’ora di sonno. Continuo a fare avanti e indietro per quasi un’ora quando, finalmente, trovo l’albergo e ci parcheggio davanti. Faccio appena in tempo a scendere dalla macchina che mi accorgo che è un edificio che cade letteralmente a pezzi e, per di più, è chiuso. Inizio a maledire Alberto che, sono sicuro, mi ha giocato uno scherzo, mandandomi in un albergo chiuso o, alla meglio, nel peggiore dell’oblast’. Vado alla porta e provo ad aprila ma è chiusa a chiave. Provo a bussare e dall’interno arriva una voce che mi dice di fare il giro dell’edificio poiché l’ingresso per i clienti è dall’altra parte.

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Il retro dell'albergo. Fonte: google

Delta BH

Il davanti dell'albergo. Fonte: google

Riprendo la macchina e, fatto il giro dell’isolato, arrivo all’ingresso principale dove si è radunata una discreta folla. Parcheggio, scarico i bagagli, mi avvicino e mi rendo conto di essere nel bel mezzo di un matrimonio russo. Sono appena arrivati gli sposi per il ricevimento e sono stati accolti col tradizionale lancio di monetine. Mi metto da parte perché è impossibile entrare e mi faccio travolgere dall’atmosfera di allegrezza e spensieratezza. Quando tutto il corteo nuziale si è accomodato nella sala da pranzo entro nella hall per fare il check-in. Non appena ho preso la chiave della stanza vengo intercettato da alcuni invitati che mi chiedono se sono un parente o un amico, in quanto presumono che sia anch’io un invitato al matrimonio dacché è stato prenotato tutto l’albergo per la celebrazione. Io spiego che sto partecipando al Mongol Rally, che sono quasi tre giorni che guido ininterrottamente senza dormire e che quindi non conosco nessuno. Loro molto dispiaciuti mi spiegano che non possono invitarmi a cenare con loro in quanto non sono stato invitato ma che parleranno con gli sposi per farmi partecipare alla festa successiva al banchetto. Io ringrazio sapendo che sono ubriachi e che quindi, grazie a dio, non faranno nulla di quanto hanno detto e mi ritiro nella mia stanza. Faccio una doccia e poi ordino la cena: borsch e poi pesce del lago con patate.

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Borsch: la pietanza nazionale russa.

Sto guardando un notiziario inglese quando sento bussare alla porta: sono i parenti della sposa che mi invitano a brindare alla salute e alla prosperità della coppia e mi trascinano sulla pista da ballo. Ritorno in camera alle quattro di mattina e punto la sveglia alle quattro e trenta. Crollo immediatamente nel sonno.