Venerdì 8 agosto ’14, da Dushanbe a Khorog (giorno 1) – Mongol Rally 2014

Oggi iniziamo l’autostrada del Pamir che dovrebbe portarci in tre o quattro giorni in Kirghizistan. La tappa odierna è da Dushanbe a Khorog, circa 520 chilometri di strada montana di cui non sappiamo le condizioni né prevedere i tempi di percorrenza. Leggiamo sulla guida che i fuoristrada la percorrono in circa sedici ore, noi quindi preventiviamo di metterci otto o nove ore.

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Partiamo da Dushanbe di buon’ora e subito ci fermiamo a fare benzina, a controllare le gomme e a comprare un paio di litri di RC Cola, la Coca-Cola del posto la cui etichetta dice sia stata inventata nel 1905 in Georgia, USA. Appena fuori la città ci imbattiamo in un susseguirsi di banchetti che vendono scope e ci fermiamo per comprarne una, senza evidenti motivazioni o utilità alcuna.

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La strada per i primi 100 chilometri è pianeggiante e ben asfaltata, così che ci fermano due pattuglie della polizia dotate di autovelox per contestarci la velocità eccessiva ma riusciamo a evitare le multe, una volta facendo finta di non capire cosa ci venisse detto, l’altra pagando una mazzetta di 10 dollari alle sempre affidabili forze dell’ordine. Dopo un posto di controllo dei documenti, prendiamo il bivio verso Khorug e iniziamo con la strada montagnosa e in salita.

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Le nostre aspettative dell’M41 vengono subiti soddisfatte: strada sterrata a tre quarti di corsia, da un lato una parete verticale di roccia, dall’altro uno strapiombo sul fiume di decine di metri e, in mezzo, un continuo via vai di camion sovietici, TIR, fuoristrada giapponesi e minibus.
IMG_2220 copiaOgni volta s’incontra un mezzo che viaggia nella direzione opposta, facendosi da parte per lasciarlo passare, si rischia la morte. Percorriamo queste piste per una ventina di chilometri e incontriamo il nostro primo torrente da attraversare. Emozionati, accendiamo la GoPro e ci apprestiamo a registrare il nostro eroico guado. Rallento prima di mettere le ruote in acqua per assicurarmi di non toccare terra col fondo dell’auto e poi piano piano avanzo verso la sponda opposta. Sembra che sia andato tutto per il meglio ma il pandino inizia a perdere potenza fino a fermarsi. Il motore gira a vuoto e, anche con le marce inserite, non riusciamo ad avanzare. Scendiamo a verificare il danno e ci accorgiamo che non c’è nulla che noi possiamo fare per riparare il motore sul posto.

Decidiamo di fermare qualcuno per vedere se si riesce a fare qualcosa per farci continuare (o almeno tornare verso un meccanico). Si ferma un 4×4 di una famiglia tajika e, dopo aver ispezionato il veicolo, ci dicono che si è staccato un bullone che tiene insieme il motore e il cambio (ci sembra di aver capito) così che la forza del motore non si trasmette alle ruote e che, se ritroviamo i pezzi, c’è la possibilità di ripararlo. Inizia quindi la ricerca del bullone perduto per tutta la strada fino al ruscello. Cerchiamo anche nell’acqua, con le mucche che ci guardano interrogative mentre si abbeverano, ma troviamo solo un tubo metallico e un piattello. Guardando meglio ci rendiamo conto che il piattello era saldato al motore e che si è staccato colpendo una roccia sommersa e che quindi non c’è modo di ripararlo.

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Si ferma un camioncino pieno di coloro che sembrano dei santoni musulmani e ci dicono che il meccanico più vicino è al bivio precedente, a circa 20 chilometri di distanza. In quel momento passa un fuoristrada della Croce Rossa e facciamo segno all’autista di fermarsi. Acconsentono, anche se di mala voglia, di trainarci dal meccanico. Salutiamo la piccola folla amichevole che si è riunita per aiutarci e partiamo in direzione del meccanico.

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Il simpatico artigiano, dopo essere andato ad acquistare i pezzi necessari, ci ripara la macchina e, a poche ore dal tramonto, possiamo rimetterci in viaggio.

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Ormai è tardi e dobbiamo accamparci sul lungo della strada. Il caso vuole che, dopo circa un’oretta, incontriamo una carovana di tre team del Mongol Rally e decidiamo di accamparci con loro in una radura sul lungo fiume. Montiamo le tende, mangiamo la pasta all’amatriciana, ci raccontiamo alcune delle nostre avventure davanti al fuoco e poi andiamo a dormire.

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